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[ ... ] Il 26 giugno segnò una tappa nella storia
dei teatri della capitale. Una specie di 25 luglio degli
spettacoli di rivista. La prima "prima" senza
gerarchi. Ma non vorrei essere frainteso. Qui è necessaria
una precisazione. Perché, a essere esatti, i gerarchi
nel teatro non mancavano. E non si trattava di elementi
trascurabili, anche se irresponsabili. Gerarconi, gerarchissimi,
gerarchi dei gerarchi. Solo che non erano tra il pubblico,
ma, finalmente, nel palcoscenico. E, primo fra tutti, scorgemmo
Hitler e Mussolini, protagonisti della nuova rivista di
Michele Galdieri Con un palmo di naso. [...] Totò
era il Fuhrer, ed era anche il duce; e mai come questa volta
fu soprattutto Totò. Egli era compreso, naturalmente,
della storica importanza del doppio ruolo che Galdieri gli
aveva caricato sulle spalle; si rendeva perfettamente conto
della grande portata dell'avvenimento, dell'eco quasi mondiale
che le sue parole erano destinate a suscitare. Rifare il
verso al duce, e anche al Fuhrer, è già troppo
facile, è un gioco da bambini. Ma Totò non
mirava a facili successi demagogici, sia pure sull'esempio
dei suoi eccezionali personaggi; né per questo comico
di razza parliamo sempre di Totò, non del fondatore
dell'Impero ha eccessivo valore la rassomiglianza fisica.
Ne ha, invece, e sostanziale, quella metafisica. Vedete,
cosi, il suo Hitler. L'allucinazione, la follia, l'isterismo,
il cupo misogenismo, la leggendaria agitazione nervosa,
i tic, i sussulti della tesa epidermide, gli sguardi perduti,
l'esasperante monomia del dittatore teutonico, il suo siderale
cinismo, la frigidità della sua coscienza, l'insensibilità
del suo animo, la nibelungica dannazione di tutta la sua
esistenza: in quale rapporto segreto d'incallito diplomatico,
in quale relazione di esperti internazionali, in quale resoconto
giornalistico, sono così evidenti e chiari e parlanti
come nella faccia di Totò, nel giuoco diabolico dei
suoi occhi, dei suoi nervi, dei suoi muscoli, nel moto perpetuo
dei suoi arti, nei colpi di scena dei suoi tempestivi cachinni?
[...] Più che dei malfamati baffetti, più
che del ciuffo spiaccicato sulla fronte, Totò si
avvale di una carnevalesca gibbosità, una bella gobba
a levante sotto la quale pare che il bieco dittatore pieghi
come sotto il peso delle sue inespiabili colpe, dei suoi
insopportabili rimorsi. Quella deformità fisica [...]
è la grande trovata di questa felice creazione. [...]
E anche il duce ha avuto la sua parte; una parte, logicamente,
di secondo piano. [...] Egli è comparso truccato
semplicemente da Pinocchio. [...] Burattino che parla (al
mondo) con la voce tagliente e perentoria del "Salvatore
della pace", e per bocca di Totò; dovete convenire
che è una trovata irresistibile.
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